Daylight robbery

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I am sitting in the cool, air-conditioned and half empty café round the corner. My head is a million miles away while I type away at my computer. Suddenly a man speaks in a raised voice. I look up towards the door, where he is. In less than a second various things spin through my head; as I notice people around me beginning to get up, I think he must be saying we have to evacuate or something. At the same time I reach for my things, and this time his voice is much louder, much more threatening. I don’t understand any of what he says, but I can sense the sudden spike of fear in the room. People get up more quickly, leaving everything on the tables. The waiters move away from the counter. He is shouting, waving a plastic bag at us and a bunch of roses that he holds in the other hand. He is wearing aviator-style mirror sunglasses. This is one detail that I won’t forget. If you can’t see someone’s eyes they are much harder to read and scarier too.

In a split second it dawns on me that this is an armed robbery, and I go into automatic, damage-control mode. I just follow what everyone is doing. My hands up to show I am not carrying anything, I move towards the back of the café. One of the waiters makes to open the door to the back garden, and Mr Ladron gets very agitated: he points in the direction of the toilet. He shouts, threatens (this much I understood), pushing us all into the tiny, tiny bathroom. He points at various people, he says “I know you” and “Don’t even try and call the police” (somehow my understanding of Spanish at this point is at top level, my brain working frantically to make sense of everything and to remain alert to any specific threats to me). He opens the plastic bag and gets everyone to drop their phones and bags in it, even the shop keys. I keep on holding my hands up (like in the movies) to show I am not holding anything. He moves away towards the main room, all the while continuing to shout and to make sure we don’t get out. I haven’t even been able to tell anyone I don’t speak Spanish.

A girl starts panic crying, two of her friends console her, trying to make her be quiet. The fear and sweat are thick in our little bathroom. It is so small and full that the swing door is open, I am the one nearest the threshold. Mr Ladron, I can hear him, is ransacking the place, taking all our things.

Suddenly the door in front of us, the men’s toilet, swings open, and this ancient, doddering old man starts to walk out. This all happens in one second. He has been in the toilet all this time so he has no idea what’s been going on. He sees us but it doesn’t dawn on him why we might all be squashed together in the ladies. He takes a step left towards the café. I lunge out and grab him, dragging him into our bathroom. The thief shouts, aware something has happened.

He comes back, repeats his threats, and I think he is trying to understand how to lock us in. He goes back out there, we all huddle together.

Some time goes by in silence. We dare not say anything or go out. More time passes. Nobody speaks. Then, tentatively, one of the waiters asks whether we can come out. Silence.

Then we hear the main door to the road open. People talking. Cautiously we come out. It is new customers just walking into the café. Apparently the thief tried to lock us in but couldn’t.

It is over. We are alive. I lost a lot of stuff, but fuck it, I am alive.

I finally manage to say I don’t understand Spanish. The waiter tells me the thief showed her he had a gun in the bag. The policeman takes 20 minuts to arrive, then walks in asking “esta bien?” and I manage to say “no” quite angrily. All he says is go to the Commisaria and make a report.

One of the other victims offers to go with me wherever I need to. We start to walk to where I know J is working (as I now have no keys, no money and no phone), and I notice the man has a limp. I cannot ask him to walk all this distance. We say goodbye. I walk to find J dancing at her school, for a moment she thinks I am there to dance, then she realises something has happened. That’s when the stress and shock start to hit me and I feel very very tired, very very thirsty.

We go home to get my passport. Then to the police to make the report. There I run into one of the café waiters and the kindly man who walked with me a bit. We are the only three people who make a report. The police keep asking me if the man was “negro”, I keep telling them he was dark, like tanned.

Over the next few days I hear all sorts of theories as to who’s guilty of crime in the city: Peruvians, gypsies, blacks, basically anyone other than “us”. People can be depressingly similar throughout the world.

But I got out of it alive.

Nuove amicizie

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È incredibile come volano le settimane. Ormai è un mese che sto qui, ma ogni tanto mi sembra molto più tempo.

Dopo essermi finalmente ripresa dalla doppietta virale che mi ha colpito tra Londra e Buenos Aires, ho cominciato ad addentrarmi di più nella “vita normale” (tipo andare dal parrucchiere e cose simili). In questo periodo ho tanto lavoro da fare, quindi i giri per la città e le uscite “sociali” sono stati relegati a piccoli sprazzi qua e là.

Ho passato un weekend molto bello, aiutata da tre persone molto carine. Prima di tutto, D. mi ha portato sulla riva del Rio della Plata (dove i porteñi vanno per sfuggire alla canicola cittadina e per rilassarsi con una birra o un po’ di kite surfing). L’acqua del fiume è rossiccio marrone (un po’ come il Tamigi) e anche se uno sa che l’Uruguay è vicino, dall’altra parte del fiume, questo è così ampio che, ai miei occhi inesperti, sembrava come il mare (con meno onde e senza aria salmastra). Abbiamo concluso la nostra giornata condividendo il nostro amore per il sushi (i ristoranti tradizionali argentini, di pesce, sembrano servire solo merluzzo) a Palermo, chiacchierando come amiche di vecchia data.

 

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Poi la domenica M. e suo fratello mi hanno fatto da guide personali nella parte storica di BsAs. Plaza de Mayo e la casa rosa, il mercato di San Telmo, Puerto Madero. Faceva molto caldo e c’era molta umidità, abbiamo camminato per ore, parlando in un misto di spagnolo e italiano, spettegolando delle amicizie in comune e scoprendo pezzetti di storia argentina (entrambi avevano voglia di parlarne e condividere, che è bellissimo).

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Prima della cena sushi, D. mi ha portato a La Glorieta, un padiglione dove ogni sera la gente si raduna per lezioni di Tango e poi ballare. È stato interessante vedere un misto di persone, tra nativi e stranieri, che cercavano di ballare nel padiglione affollato. C’erano anche vari signori attempati, belli sudati, che approcciavano le donne offrendo di insegnare a ballare. Devo dire che il sudore in particolare l’ho trovato molto scoraggiante (a parte il fatto che non avevamo le scarpe giuste!).

In un altro post ho menzionato J., l’amica con cui vivo. Condividere la casa con lei sta rendendo questa esperienza ancora più bella per vari motivi. Prima di tutto, avere lei qui mi ha permesso di venire senza dover fare alcuna ricerca (è l’area giusta? Costa troppo? Meglio stare un po’ qua un po’ là?), dato che l’aveva già fatta lei, quindi era un’ottima rete di sicurezza. Poi, lei è della vergine come me, quindi sapevo che la sua ricerca sarebbe stata ottima.

Ma, cosa più importante, è che ci troviamo benissimo come coinquiline! Siamo entrambe rilassate quando è importante esserlo, e a tutte e due piace avere il proprio spazio; però quando ci va ci facciamo delle belle chiacchierate lunghe. Quindi, per esempio, siamo state fuori a cena o per brunch, in cui ci siamo portate i rispettivi Kindle e abbiamo letto, mangiato, ci siamo rilassate. È una cosa per niente comune. Entrambe abbiamo avuto amici che hanno detto che gli andava bene portare un libro al ristorante, e poi invece ti parlano tutto il tempo (ogni volta aspettano qualche minuto che hai ripreso a leggere, così finisce che rileggi la stessa riga 50 volte!). Il tutto è semplice, scorre e mi piace molto.

L’altra cosa buona, in generale, è che stare qui ha abbassato tantissimo il mio livello di stress. I miei 2 telefoni sono quasi sempre silenziati (li attivo solo quando mi serve), il volume di email è diminuito, nessuno mi chiama, non ci sono problemi che spuntano qua e là. Alcune persone mi chiamano su Skype, ma in genere è perché ci siamo messi d’accordo e ci facciamo una bella chiacchierata, che è bello. E poi posso vederli. Il mio odio delle conversazioni al telefono si è rifatto vivo in modo forte. Oggi è squillato il telefono inglese… e ho sussultato! L’evento è diventato ormai talmente raro. Non ho risposto, anche perché qua i telefoni sono diversi e non riconosce i numeri. Non ho idea di chi mi abbia chiamato ed è fantastico!

Non sono abituata a così poco stress, e mi ci sta servendo del tempo per abituarmi. Ma è troppooooo bello e ha riconfermato uno dei motivi che mi hanno spinto a partire. E questa settimana ho scoperto che questa cosa che sto facendo, qualsiasi cosa sia, ha un nome: sono una digital nomad. E mi piace.

Cose che mi mancano questa settimana: i nipotini, ristoranti asiatici, chiacchierate tra amiche in pigiama

Cose che mi piacciono: il fatto che in argentina ci siano i bidet (viva la civiltà!), il caldo, l’acqua che gira in senso anti orario nello scolo