Disavventura a Phi Phi

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FLASHFORWARD – Sono talmente indietro con il blog che ho deciso di passare subito agli eventi attuali e poi di colmare le lacune mancanti più avanti, sperando di sostenere il ritmo dei miei viaggi. Quindi ecco qua!

 

Ora sono in Tailandia. Ho avuto fortuna perché il mio amico D., che aveva bisogno di scappare per un po’ dal Regno Unito, voleva venire anche lui in Tailandia e quindi abbiamo fatto il viaggio insieme. Lui è partito da Londra e io da Roma, e ci siamo incontrati a Dubai per poi venire qui. 36 ore di viaggio non sono una cosa bella, infatti ci abbiamo messo un po’ ad abituarci.

Però devo dire che arrivare a Lanta conferma che ne vale la pena. Parlerò di Lanta e della vita su Lanta in un altro post. Oggi vi voglio parlare della nostra DISAVVENTURA A PHI PHI.

Abbiamo deciso di visitare la famosa isola di Phi Phi per qualche giorno e vedere le bellissime location del film “The Beach“. Dato che PP è una destinazione famosa per i backpacker e la vita notturna, abbiamo deciso che non volevamo trovarci direttamente nel mezzo del caos, quindi abbiamo prenotato un resort lontano dall’area principale. Pensavamo di essere stati così furbi… poveri noi.

Allora, il primo giorno arriviamo e ci godiamo la nostra spiaggia quasi privata, ci rilassiamo. Nel pomeriggio decidiamo di andare a Ton Sai (il paese principale) per cenare e farci un giro – sull’isola si gira solo via mare dato che non ci sono strade. Ton Sai è su un lato di una baia bellissima, divisa dalla baia retrostante da una striscia di sabbia che collega le due parti dell’isola. Sarebbe un posto magico, senonché dopo lo tsunami (che colpì quest’isola in modo catastrofico) la ricostruzione che hanno fatto qui è eccessiva e quella che un tempo era una striscia di sabbia e alberi ora sono stradine, edifici e negozi. Quando passeggi per quelle strade ti dimentichi che sei su un’isola.

Vabbè, in ogni caso, prendiamo una longtail (barca a motore tradizionale della Tailandia) e andiamo a Ton Sai. Ci dicono che tornare alla nostra spiaggia (Rantee) di notte sarà più costoso, ma siamo pronti a negoziare. Quindi ci facciamo una passeggiata e ceniamo e poi, alle 21, decidiamo di prendere la barca e tornare a Rantee. Negoziamo il prezzo a 1000 baht e saliamo sulla longtail. Ci siamo solo noi e il pilota. Uscendo dalla baia di Ton Sai, il mare comincia a farsi sempre più mosso, c’è molto più vento. La braca comincia a saltare, a rollare in modo pesante, e ogni tanto sembra che un’onda la potrebbe sopraffare. D. e io istintivamente ci aggrappiamo l’uno all’altra, ammutoliti. Ci stiamo fracicando, balliamo nella barca, intorno a noi il mare è nero come la pece, con solo le luci dei pescherecci in lontananza a interrompere l’oscurità. Sono terrorizzata. E anche D. Ci prendiamo per mano. Forse in modo un po’ drammatico, penso, OK se è così che muoio, almeno sono felice.

E in quel momento, il motore rallenta quasi a zero, e ci troviamo a galleggiare tra i cavalloni. Ci guardiamo intorno, chiediamo al pilota cosa succede. Non risponde. Sembra che stia aspettando qualcosa. Aguzziamo la vista nel buio del mare. Niente. Improvvisamente penso: e se stesse aspettando un’altra barca per derubarci o peggio? Ogni tanto si sentono queste storie di viaggio e io penso “non succederà mai a me”, fin quando non mi succede. Quindi ora siamo spaventati per altri motivi (anche se il mare continua a essere molto mosso). Dopo qualche minuto di questa tensione insostenibile, il pilota gira la barca e dice “big wave” (onda grossa). E così ci riporta a Ton Sai. Irritati ma enormemente sollevati, scendiamo dalla barca e gli diamo 100 baht per la benzina che ha usato. L’organizzatore delle barche taxi cerca di convincerci che, al triplo del prezzo, potrebbe trovarci un pilota più specializzato, ma con la stessa barca. A questo punto mi chiedo se non sia tutto un imbroglio, ma né D. né io abbiamo voglia di riaffrontare il mare, quindi andiamo in cerca di un hotel per la notte: è impossibile tornare a Rantee.

Troviamo un hotel e poi compriamo spazzolino da denti e dentifricio, e subito dopo praticamente collassiamo a letto. Il mattino dopo decidiamo di arrampicarci al Lookout point, un luogo quasi in cima all’isola dove si gode di una vista bellissima della doppia baia e della striscia di sabbia. Ci è stato detto, e il saggio internet ce lo conferma, che una volta saliti in cima, c’è un percorso nella giungla che ti fa riscendere alla nostra spiaggia. La sera prima l’avevamo considerato per un momento ma, saggiamente, come avremmo scoperto in seguito, l’avevamo scartato.

Quindi, armati di ciabatte infradito, ci cominciamo ad arrampicare. Fa caldo, è umidissimo ma la stradina è pavimentata e ci sono i gradini, quindi saliamo senza problemi. In cima, il panorama è mozzafiato. Ci sediamo e ce lo godiamo un po’ e poi, impazienti di tornare alle nostre camere e alle nostre cose, cominciamo a seguire il sentiero nella giungla. Teoricamente ci si dovrebbe mettere 20 minuti.

Diventa un’ora d’inferno. Il sentiero è molto stretto, la vegetazione lo ricopre quasi tutto, e il temporale del giorno prima ha reso il fango scivoloso. Tronchi, ragnatele e piante bloccano il passaggio in vari punti. Poi comincia a diventare molto ripido. E vi ricordo che noi abbiamo solo le cazzo di Havaianas ai piedi. Ma l’ingrediente killer qui è questo: le zanzare. Centinaia di zanzare che affamate si avventano sulle mie gambe. Mi attaccano più rapidamente di quanto io possa ucciderle. Questo attacco mi sta facendo impazzire, voglio scappare via e uscire dalla giungla, purtroppo l’unica via d’uscita è in discesa e con una bella minaccia di rompersi qualcosa. Sia D. che io dobbiamo fare uno sforzo enorme per restare calmi e non andare nel panico. A un certo punto cado, scivolando nel fango, e quasi cado oltre il ciglio del sentiero. Poi anche D. scivola, le infradito non hanno alcuna presa sul fango. Bestemmiamo come camionisti. Ci manca Lanta.

Finalmente sento il rumore del mare. Significa che ci siamo quasi. Ci sbrighiamo cercando di non sbrigarci troppo, finiamo le ultime decine di metri e finalmente siamo quasi in pianura, con la spiaggia davanti ai nostri occhi. Resisto alla tentazione di inchinarmi e baciare la sabbia. Corro a mettermi il costume e mi butto in mare, le gambe che mi sanguinano dai pizzichi delle zanzare vampiro.

Il giorno successivo facciamo un giro in barca delle bellezze di Phi Phi Ley (l’altra isola), l’isola Bambù e l’isola Zanzara (no, non si chiama così per le zanzare, grazie al cielo!). Questo riesce a farci fare pace con PP dopo quell’avventura orribile. L’unico lato negativo è che c’è un botto di gente… urla, musica, quei cazzo di selfie stick. Ma ne vale la pena.

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Il giorno dopo, felicemente, torniamo a Lanta.

Cose che mi mancano questa settimana: niente, sono molto felice in Tailandia! Oh, anzi, una cosa mi manca: il sesso! Hahahahhahahah (sono sicura che mi pentirò di averlo scritto, vero?)

Cose che non mi mancano: la pazza corsa al Natale, il freddo dell’Europa, lo stress.

Ho imparato una parola nuova questa settimana: Bumgun! (letteralmente: pistola per il culo) Che parola grandissima! Ecco una foto.

bumgun

AD OGNI MODO, LA VITA È BELLA!

Phi Phi misadventure

Leggi in italiano qui

FLASHFORWARD – I am soooo behind with this blog that I have decided, in an attempt to have it follow my travels, to jump forward to current events and then to go back later and fill in the gaps. So here we go!

 

I am now in Thailand. I was very lucky that my good friend D., in need of some escape from the UK, wanted to do Thailand too so we travelled together. He flew from London and I from Rome, we met in Dubai and travelled the rest of the way here. 36 hours travelling is not fun, so it took us a while to get into the swing of things.

But arriving in Lanta makes everything worthwhile. More on Lanta and Lanta life in another post. Today I want to tell you about our PHI PHI MISADVENTURE.

We decided to go to the famous island of Phi Phi for a few days and visit the amazing locations of the film “The Beach”. As PP (as I’m gonna call it from now on) is a famous party/backpacker island, we didn’t want to be right in the middle of the chaos, and so we decided to book a resort that was away from the main area. Oh, how smart we thought we were!

So on the first day we arrive, enjoy our almost private beach and chill. In the afternoon we decide to go into Ton Sai (the main town) to have dinner and explore – you can only move around the island by boat as there are no roads. Now… Ton Sai is one side of this beautiful bay, divided from the other bay by just a thin strip of sand that connects the two parts of Phi Phi Don. It would have been a magical place, were it not for the fact that after the tsunami (which hit this island in a catastrophic way) they’ve overbuilt and the once strip of sand is now alleys of buildings and shops. When you walk there you forget you’re even on island…

Anyway, we get a longtail boat into Ton Sai. We have been told that coming back to our beach (Rantee) at night will be more expensive but we are prepared to negotiate. So we walk, have dinner and then, about 9pm, we decide to get the boat taxi back to Rantee. We negotiate the price down to 1000 Baht and hop onto a longtail boat. As we leave Ton Sai bay, the sea starts getting rougher and windier. The boat starts jumping up and down, rolling sideways, at times almost going under a wave. D. and I, instinctively, cling onto each other, not saying a word. We’re getting sprayed like crazy, dancing in the boat, all around us the pitch black sea with only the far-off lights of fishing boats in the distance. I am terrified. So is D. We grab each other’s hand. Perhaps a little too dramatically, I think to myself, OK if this is how I die, at least I’m in a happy place.

Just then, the engine slows down to nothing and we just float over the big waves. We look around, ask the pilot what is happening. He says nothing. It looks like he’s waiting for something. We strain our eyes over the dark sea. Nothing. Suddenly a though hits me: what if he’s waiting for another boat to come and rob us, or worse? You sometimes hear these stories when travelling and think it’s never going to happen to you, until it does. So now we are scared for different reasons (although the sea is still very rough). After a few minutes of this tension, our pilot turns the boat around and says “big wave”. And with that, he takes us back to Ton Sai. Annoyed but hugely relieved, we get off the boat and pay him 100 baht for the petrol he used. The organiser of the taxi boats come over, trying to tell us he can find us a more experienced pilot – but on the same boat – for triple the original price. At this stage I start to think the whole thing is a scam, but neither D. nor I feel like braving the rough dark sea again, so we set off in search of a hotel for the night – getting back to Rantee is now impossible.

We find a hotel then go buy some toothbrushes and toothpaste, then basically pass out. The next morning, we decide to walk up to the Lookout point, a place high up on the island that affords beautiful views of the twin bays and strip of sand. We have been told, and the wise internet confirms this, that once you’re up there, there is a path in the jungle that takes you back down to our beach. We had briefly considered it the night before but had (wisely, as it turns out) decided against it.

So, in our flip flops we set off up the hill. It’s hot and humid but the way is paved and it has steps so we make it easily. The view at the top is breath-taking. We sit and enjoy it for a bit, then, eager to get back to our rooms and our things, we start to follow the jungle trail. It was supposed to take around 20 minutes.

It turns into one hour of hell. The way is narrow and overgrown, and the mud slippery from the previous day’s rain. Logs cobwebs and other plants block the way. Then it starts going steeply downhill. And remember, we’re only wearing bloody flip flops. But the killer ingredient here is this: mosquitoes. Hundreds of them, greedily sucking on my legs. They attack me faster than I can kill them. This is driving me nuts, I feel like breaking through and running out of the jungle, except the only way is down with the threat of broken limbs. Both D. and I make a huge effort of will to keep ourselves calm and not freak out. At some point I slip down some mud, nearly going over the side of the path. Then D. slips, his flip flops having no purchase. We are swearing like truck drivers. We miss Lanta.

Finally, I can hear the sea. This means the end is in sight. Rushing but trying not to rush, we finish the last few dozens of metres and finally we’re on almost level terrain with the beach in front of us. I fight the urge to kneel down and kiss the sand. I run to put my swimsuit on and throw myself into the water, my legs bleeding and stinging from the vampire mosquito bites.

The next day we go on a one day tour of the beauties of Phi Phi Ley (the other island), Bamboo Island and Mosquito Island (no, apparently it’s not because it has lots of mosquitoes!). It manages to make us make peace with Phi Phi after that horrible ordeal. The only downside is that there are so many people… shouting, music, bloody selfie sticks. But it’s still worth it.

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What I am missing this week: nothing really, I am so happy in Thailand. Oh, wait, actually, one thing: sex! Hahahahahah (I’m gonna regret typing this, aren’t I?)

What I am not missing: the frenzied run up to Christmas, the cold of Europe, stress.

New word learnt this week: Bumgun! What a great word. Here is a picture of it.
bumgunANYWAY, LIFE IS GOOD!